martedì 5 giugno 2012

Carriquiri, la mansada del siglo

Trent'anni esatti sono passati dalla corrida del secolo: la corsa di Victorino che ogni aficionado, indipendentemente da età, provenienza e religione, ha prima o poi sbirciato, ne ha inevitabilmente letto, ne ha parlato e discusso, e ha segretamente sognato di rivivere.
Sei tori selvaggi di Victorino, bravos e con casta, e tre uomini decisi e valorosi: questa la ricetta di quel pomeriggio storico a Las Ventas.

Triste trentennale però quello celebrato dai sei Carriquiri mercoledì 30 maggio scorso: un sestetto di buoi inappetenti e svogliati, distratti, impossibili da fissare in alcunché, mansos dalle narici alla punta della coda.
Terrificanti.
Un occhio sempre al toril e l'altro al cielo, da Peluquero II a Flamenco, l'ultimo della serata, i sei vagavano flaccidamente per tutta la pista, senza scopo, con fare nichilista; assalti abulici al cavallo titolare e assalti infastiditi al cavallo di riserva, la ricerca spasmodica della querencia, i Carriquiri erano apatici e demotivati nei tre tercios, e catapultavano sull'arena una cappa di plumbeo malumore.

Dal punto di vista didattico, si intenda, la corrida è stata una grande occasione: una mansada di queste proporzioni è cosa rara da vedersi, e valeva da sola tutte le letture sull'argomento che un aficionado possa fare in una vita intera. Da imparare c'era molto, questo è fuori discussione.
Ma, un pò come per l'Orlando Furioso, la corsa di Carriquiri è stata una di quelle lezioni obbligate che occorre sorbirsi per forza. Ma che due palle.

Fortunatamente c'erano quel giorno, sulla pista madrilena, due uomini vestiti d'oro che, toreri fino al midollo, hanno officiato con serietà, cavando qualche goccia di sangue da quelle aride rape.
Javier Castaño ha toreato con valore e coraggio Peluso, in una faena difficile e tesa, e poi ha provato a fare di Flamenco un toro, sfidandolo con lealtà e serietà in un confronto promettente ma andato inevitabilmente a spegnersi, tanto poca era la materia.
Ma a Castaño va anche il merito di aver messo in evidenza quello stesso Flamenco in una suerte de varas palpitante, inaspettante ed emozionante, affidata ça va sans dire a quel Tito Sandoval che ne è forse, oggi, il miglior interprete.
633 chili di nulla, poco prima scaraventatisi per inerzia contro il cavallo al toril, erano ben collocati una prima volta: sorpresa, Flamenco partiva con slancio, e Sandoval assestava una piccata corretta.
Il cavaliere vedeva le potenzialità di quel toro e gli proponeva una nuova sfida, stuzzicandolo da una decina di metri: il Carriquiri esitava, rifletteva a fondo su cosa fosse meglio fare, ma poi si gettava di nuovo contro il ferro di quel bastone proteso.
L'ultima picca era presa partendo addirittura dal centro, con Sandoval perfettamente padrone: roboanti gli applausi, e il picador obbligato a salutare.
Peccato che in Flamenco di bravura non ci fosse nemmeno la più pallida traccia: ogni entusiasta entrata al cavallo corrispondeva ad un'uscita altrettanto fulminea, appena assaggiata la punta della lancia; peccato davvero, che con un toro bravo avremmo assistito ad un momento di intensità diversa.

Ma con un toro bravo la mansada del secolo non sarebbe stata completa.
Meglio così, forse: abbiamo assistito a qualcosa di assoluto e irripetibile.
Speriamo.


(foto Ronda - Las Ventas)




1 commento:

Anonimo ha detto...

Da ABC del giugno 2010. Cosa è cambiato?

"Vientos de fronda sonaron en la Plaza de las Ventas,
cólera por toros mansos de blandura que no cesa.
Los de Adolfo se volvieron tranquilos a la dehesa,
los de Domecq no embistieron como la gente desea.
¡Ya se acabó San Isidro!¡Qué mala ha sido esta Feria!
Son pocos los toros bravos;menos, los bravos coletas,
las tardes pasan en blanco y la gente se cabrea
pues la emoción siempre ha sido esencial en esta Fiesta.
Si no hay toros encastados, ¿cómo puede haber faenas?"