domenica 27 maggio 2012

Hasta pronto


Il blog si ferma qualche giorno, maggio a Madrid è stagione di tori e val la pena seguire da vicino.

Riprenderemo a breve.



(foto Ronda - Casa Toni)

mercoledì 23 maggio 2012

19 maggio, Tejela quando vuole fa le cose buone


Madrid, sabato 19 maggio
Sei tori marchiati con il ferro di Torrestrella, di presentazione assolutamente degna per Madrid, dal comportamento difforme: motore e qualità per il sesto, buona disposizione per il secondo, difetti e inadeguatezze varie per gli altri. Corrida, a conti fatti, insapore: poca forza, poco morale, poco interesse.

Il pomeriggio iniziava sotto una pioggia fastidiosa e intermittente, per qualche minuto trasformata in grandine, e si concludeva con un lancio di cuscini all'indirizzo del giovane messicano El Payo, travolto dal tifone Malbajito, il sesto della giornata, uno splendido esemplare sardo di 570 chili.
Corsa irregolare quella di Torrestrella, con tori perlopiù insapori e vuoti ma anche con un paio di bestie che hanno lasciato l'impressione che, se toreati a dovere, avrebbero potuto lasciare un ricordo molto buono.

Juan Bautista un fantasma con il primo della serata, toreato a strappi e senza volontà: male, perché Pocosol dava l'idea di conservare dentro, in un qualche luogo che occorreva andare ad esplorare, buone cose da esprimere. Gradinate lasciate con l'acquolina in bocca, silenzio.
Il francese si lasciava vincere alla capa da Valenciano, che usciva forte e si proiettava come un missile nella stoffa di Juan Bautista: ma dopo due picche non impeccabili il toro si spegneva presto, e la faena si trasformava velocemente in un lavoro inutilmente noioso, fino a concludersi con un silenzio deluso.

Tejela, da sempre fanaticamente dedito ad un toreo laterale e insapore, accoglieva Respondon con un ottimo lavoro alla cappa, approfittando della carica tenace del suo avversario. Alla muleta quel toro burraco con un corno sinistro spaventoso sfoggiava buone qualità su ambo i lati, e Tejela questa volta decideva di darsi da fare: qualche serie molto buona a destra, con gusto e finalmente applicazione: profondo, applicato, serio, Tejela aspirava la voracità del toro costruendo traiettorie gustose e decise. Ma la sua muleta pian pino perdeva di ispirazione e serietà, le linee tornavano a farsi rette,  e la faena si spegneva, peccato.
Una spada efficace e più che corretta e una vuelta che avrebbe potuto essere altro, se solo il maestro ci avesse messo più cuore.
Male con il quinto, di fronte al quale Tejela si applicava all'esecuzione del solito campionario fatto di toreo laterale, distante, senza passione.

El Payo, dopo aver maltrattato il terzo del pomeriggio  meritandosi i fischi del pubblico, capitava su un toro che faceva scrosciare gli applausi dell'arena all'ingresso e che meritava un'ovazione all'uscita: il sogno di tutti i toreri, sorteggiare un toro così a Madrid. Peccato che il ragazzo abbia dimostrato non solo assoluta incapacità e fragilità nei mezzi, ma anche clamorosa mancanza di voglia e di valore. Male, malissimo, per lui fischi al limite della bronca.
Malbajito usciva dunque sotto gli applausi convinti del teatro, dopo venti minuti di dominio totale degli spazi, delle strategie, del confronto: il giovane torero naufragava di fronte a un toro che certo non farà la storia di Las Ventas ma che almeno ha portato, in pista, qualche gene di bravura, coraggio, personalità.

Pioggia di cuscini alla fine, e per quella non c'è mantella che tenga.


(foto Juan Pelegrin)



venerdì 18 maggio 2012

Chi viene e chi va

Viene il Messia: prende corpo una stagioncina a dir poco interlocutoria, in piazze periferiche e con tori di garanzia.

Se ne va un Peone con la maiuscola, Domingo Navarro: ha deciso di fermarsi e lo fa con la discrezione e la serietà che aveva nella plaza e anche fuori. Domenica ha detto, semplicemente, basta.
Se qualcuno vuole conoscere il significato autentico e profondo di quite, si guardi questo video.



(foto Juan Pelegrin: Navarro e Esplà)

martedì 15 maggio 2012

Eccoli

Niente da fare, il cuore batte sempre là.

Per chi ci è stato e non dimentica quei pomeriggi danteschi e assoluti, e per chi non ci è stato, soprattutto per loro: qui il video con la presentazione dei tori dell'edizione 2012 di Ceret de Toros.
I primi 6 minuti sono antologici, in tutti i sensi.


lunedì 14 maggio 2012

La lingua dell'aficion

"Parliamo la stessa lingua, e questa lingua non può essere altro che quella dell'aficion. Comprenderla è fondamentale per concepire che possano esistere forme di agricoltura e allevamento nelle quali il profitto non è un fine; questa lingua attraverso la quale si capisce che esistono tenute in cui il lusso è riservato ai soli animali, essendo privilegio degli uomini già quello di trovarsi su quelle terre; questa lingua che permette che ancora oggi gli anziani siano ascoltati e che ciò che essi dicono sia preso in considerazione; questa lingua che spiega che un uomo che comanda al campo arrivi a farsi comandare dal campo." (1)


Mi venivano in mente queste parole di Fernando Cuardi nel momento in cui, con due o tre colpi secchi, quell'ometto rubicondo riusciva a mettere in moto la vecchia Renault che sonnecchiava nel capannone, la targa resa obsoleta da fango e polvere, qualche strano arnese appoggiato sui sedili posteriori.
Il pranzo era stato trionfale e straordinariamente intimo e familiare, piatti da sogno e vino in quantità e un'atmosfera calorosa e felice, le donne ora rimanevano nel salone a chiacchierare e sonnecchiare, noi ci avventuravamo ad affrontare l'immensità di quel campo selvaggio e profumato che da qualche ora scrutavo ansioso dalle finestre: i tori sono là fuori e bisogna andarli a vedere, è una necessità fisica e mentale, i tori sono tutto.

"Questa lingua spiega il sorriso di lavoratori che, con uno stipendio che permette loro di nutrirsi e poco più, sono molto più di dipendenti qualsiasi. Non hanno venduto la loro coscienza al guadagno, perché l'hanno messa nello sfruttamento di queste terre, come anche le loro speranze, il loro progetti, la loro vita."

Mai bevuto un liquore alla prugna così forte, cazzo. Al limite dell'alcool puro, l'aroma della frutta quasi un segreto che occorra indovinare in tutta quella durezza, e pure quel bicchierino ha miracolosamente riportato lucidità nei pensieri. Mi sembra di capire, per una volta. Il campo si stava aprendo di fronte a noi, e io guardavo quell'uomo segnato dalle fatiche del lavoro muoversi felice e orgoglioso, condurre la macchina con fare sicuro su quei sentieri inospitali, e finalmente raggiungere i tori. Me li stava mostrando, indicandoli uno a uno con un dito.
Come aprire il bauletto con i tesori di famiglia, ora fermava la macchina e davanti a noi stavano due novillos marchiati con il ferro della casa: una T austera che sulle coscie dei tori si stirava bislunga.
Eccoli, mi diceva con la voce ferma.

"Sì, lo ho visto. Ci sono anche uomini in traje de luces che parlano questa stessa lingua, che mostrano un'attitudine integra di fronte all'arricchimento ad ogni costo. Come gli uomini che hanno compiuto grandi opere, sono stati formati alle norme e alle regole che hanno ereditato da grandi maestri e a quelle che gli ha trasmesso la loro singolare personalità, ma sempre rispettando questa legge intemporale che permette loro di occupare quel terreno meritorio e autentico dove si può combattere la forza brutale di un toro e, soprattutto affrontare la vita e la morte."

I toreri non le vogliono, le bestie di qui, pensavo mentre senza fretta proseguivamo percorrendo strade che forse erano solo nella mente del mio chaffeur. Nemmeno le imprese, a dire il vero li vogliono. E magari nemmeno gli aficionados. Roba dura, integra, che concede poco. Roba forte, come quella grappa alla prugna: inadatta a palati che si sono abituati al Bellini.
Eppure sono così belli e maestosi i tori di qui, eccone qualcuno là dietro a quelle siepi: molti neri, qualche raro castaño il cui manto si incendia al sole, spunta pure un pezzato. Mioddio, sarà la grappa alla prugna, saranno le parole rare e perfette di Loulou, saranno gli odori di questa campagna, ma mioddio, questo è il paradiso e non ci può essere luogo più grande e vero su tutta la terra.

"Alcuni si fanno chaimare artisti, d'accordo...bene; ma per me questo termine cozza con la mia lingua, perché la mia pur umile conoscienza in fatti d'arte mi ricorda che non esiste nessun artista capace di guardare la morte in faccia, di poterla vincere, o poter morire per esprimere quello che sente dentro. Un'artista non ha questa disposizione eroica e mi sembra ingiusto metterla sullo stesso registro. Per me questa categoria non ha che un solo nome: torero."

La lingua, la lingua dell'aficion. Pensavo a quelle parole di Fernando Cuadri e nelle orecchie avevo la erre arrotata e quegli accenti così ridicolmente francesi, e poi mi accorgevo del rumore che fa l'erba secca sotto il peso degli zoccoli, o mi chiamava l'attenzione il verso di una beccaccia, o ancora un lontano muggito risuonava nell'aria.
Sinfonie.
Lo spartito sui cui la lingua dell'aficion canta la sua poesia universale, e che non c'è bisogno di studio per capire o parlare, basta il cuore.

"Conosco persone capaci di sacrificare dei soldi per andare all'arena anche se spesse volte all'arena non  non succede niente; questa lingua fa percorrere alle persone migliaia di chilometri per poter visitare delle ganaderias, altre ancora imparano a memoria le mappe genetiche degli encastes senza possedere un solo animale, tutti spinti alla conoscienza e allo studio da cui non ricaveranno altro che la cultura di una lingua che, come veleno, scorrerà nelle loro vene."

Eravamo fermi e due cavalli bianchi brucavano l'erba fresca a pochi metri da noi. Qualche lepre, una volpe, aironi, cinghiali, scoiattoli, una poiana che volteggiava annoiata. Il campo. L'aria fresca e pura, i suoni ovattati, la pace.La vita e la morte, naturali: lì davanti ai nostri occhi, a due spanne dal nostro alito tutto era così, semplicemente, normale.

"Questa lingua ha un totem, che non è altri che quell'animale che per noi è carico di potere e simbolismo e dal quale non accettiamo mai che possa provocare pena o misericordia, e che solo è il toro. Sì, ora c'è chi vuole allargare questa nostra lingua con termini che derivano dallo sport o da altri spettacoli moderni. Si aggiungono aggettivi che siamo in molti a non capire; per molti, con buona pace di "artisti" e "sensibili", riesce difficile qualificare alcune ganaderias come dure, e siamo in tanti a chiederci se ci sia chi desidera per caso avere una ganaderia molle. L'etica e la liturgia hanno forse un senso con tori che non siano duri?"

Stavamo incrociando un gruppetto di tori, caracollavano in mezzo a una sorta di radura, uno squarcio di erba verde e bassa in mezzo a un'area invero più inospitale delle altre: adesso chissà perché mi stavo ricordando che era già un quarto d'ora buono che non ci dicevamo una parola, entrambi concentrati a godere di uno spettacolo che ci imponeva rispetto e silenzio, e che in cambio ci regalava una pienezza totale.
Tutti i giorni quell'uomo passava di qua, a controllare, a contare, a sistemare, e pure oggi eccolo qua di fianco a me, incantato e rapito come me, silenzioso e ammirato come me.

 "Lo sono, sono in  tanti coloro i quali trovano che noi parliamo una lingua troppo vecchia o già morta e che noi ostacoliamo il progresso: qui da noi non siamo indifferenti a ciò, e sappiamo che i tempi odierni e la società moderna seguono correnti di pensiero che tendono a distruggere, piene di ignoranza e intolleranza, e capiamo che oggi tutto questo, che comprende la sofferenza dell'animale perché celebra la vittoria dell'uomo sull'animale, non ha alcuna cittadinanza."

Ora la Clio stava riguadagnando il sentiero verso casa, i tori e i cavalli si facevano sempre più piccoli nello specchietto da cui non staccavo gli occhi, ancora goloso. Mi sembrava di aver riempito i polmoni di quell'aria, di aver saziato gli occhi di quegli orizzonti, di aver colmato la sete di campo che mi aveva tormentato tutto l'inverno, ora si poteva ricominciare. Finalmente.
"E così domani inizia la feria"
"Sì"
"Ci sarà meno gente quest'anno, il cartel è debole e la crisi si sente"
"Sì, lo immagino"
"Mah"
"Mah"


"E per questo quando vedo dei manager che vogliono organizzare un'industria, quando sento parlare di cambio di Ministero, della necessità di esporre delle cifre, di creare argomenti teorici, di fare qualche gesto, di far valere dei dati, di convincere i politici, di creare delle lobbies, di capitale, di industria, di tribunali, di economia, io ho l'impressione che parlino tutti un'altra lingua...ma quando vedo il mio mayoral, quando vedo il toro, io mi ricordo di coloro che non ci sono più, penso alla mia lingua, penso alla mia aficion...e capisco che non potremmo essere più lontani.
Tutto questo non è economia, ma romanticismo, il romanticismo più puro."

Romantico, tutto.


(1) il testo in corsivo è tratto da "Entre campos y ruedos" introduzione al volume 2 di Campos y Ruedos scritta da Fernando Cuadri

(foto Ronda)

martedì 8 maggio 2012

Una foto (17)






(foto Ronda - ganaderia La Cruz)

domenica 6 maggio 2012

Domenica 13 maggio a Torino



Domenica 13 maggio, alle ore 11 al Salone del Libro di Torino, è in programma "Il toro non sbaglia mai - la letteratura taurina spagnola del '900; presentazione del libro di Matteo Nucci".

Il toro non sbaglia mai. La letteratura taurina del ’900 Presentazione del libro di Matteo Nucci
Il toro non sbaglia mai. La letteratura taurina del ’900 Presentazione del libro di Matteo Nucci
Il toro non sbaglia mai. La letteratura taurina del ’900 Presentazione del libro di Matteo Nucci
Marco Cicala e Matteo Nucci discutono dei principali autori che hanno fatto la storia della letteratura taurina nella Spagna del secolo passato. Il duende di García Lorca e la musica silenziosa di Josè Bergamín. Il terremoto belmontiano di Manuel Chaves Nogales e il mestiere del critico taurino di Joaquín Vidal. Come la lingua della corrida è diventata lingua di tutti. Come la letteratura taurina è diventata letteratura e nient'altro. Mentre il furore abolizionista mette in pericolo la "fiesta nacional" e l'eterna discussione sembra svuotarsi di contenuti, scrivere e leggere di tori rappresenta un piccolo contributo di conoscenza. 

Siete avvisati.


(foto Ronda)

venerdì 4 maggio 2012

Racconta le tue esperienze all'arena


Tema: la corrida di Cebada Gago a Saint Martin de Crau

Svolgimento: cuando hay toros no hay toreros


(foto Paolo Dallorso)

mercoledì 2 maggio 2012

I Pagès-Mailhan e il vento del sud

Prima corrida della Feria de la Crau, e ad attendere i tre uomini sbuffavano nelle cellette sei tori di Pagès-Mailhan e soffiava nell'arena un caldo e tumultuoso vento del sud: il sabato nella steppa provenzale iniziava con i dubbi dei (non molti) aficionados presenti, impressionati dalla fama di bravura che precedeva i cornuti locali e dalle folate di quell'aria africana che scuoteva le chiome degli alberi nel viale.
A fine giornata sarà al vento che dovremo addebitare i maggiori pericoli per gli uomini: irregolari e incostanti, i santacoloma francesi solo a sprazzi hanno portato in pista personalità e casta.

Javier Castaño vedeva uscire, in prima posizione, un toro invalido e con le corna presto esplose: dopo un primo tercio senza sostanza il torero doveva dedicarsi ad una faena di emergenza ad un avversario che sarà fischiato all'uscita.
Protestata la presentazione anche per il quarto della giornata, che poi Tito Sandoval riusciva a mettere in luce chiamandolo al cavallo in tre riprese: muleta in mano, Castaño aveva a che fare con un toro riservato e con un vento vigliacco che lo scopriva presto, dando un vantaggio pericoloso al suo opponente. Silenzio per lui dopo un tentativo poco sensato e infatti fallito di recibir.

Pouderoso, secondo del lotto, era il toro del week-end: una prima picca presa con bravura e forza, mettendo le reni, altre due entrate con slancio (l'ultima da centro pista) pur se con meno convinzione una volta le corna nel materasso. Lescarret accoglieva Pouderoso con una serie di doblones pesanti e buoni, ma il suo tentativo di dominare si limitava a questi: Pouderoso era un toro completo, con una carica esplosiva e con forza nei muscoli e nelle vene, ossessionato dalla muleta che attaccava con foga e nobleza viva, pronto a ricominciare ad ogni uscita per rituffarsi a capo chino nuovamente nel panno. Lescarret provava ad arginare questo torrente in piena con uno sforzo onesto e sincero, ma la pressione che gli metteva quel toro vivo e selvaggio era troppo: spinto da una parte all'altra dell'arena, scaravoltato per aria fortunatamente senza conseguenze, conscio della sconfitta andava a cambiare la spada dopo dieci minuti di combattimento sfiancante.
Ma Pouderoso non si lasciava vincere con troppa facilità, trascinava Lescarret alla soglia del terzo avviso dopo una ventaglio di tentativi mal riusciti (mezza trasera, pinchazo, metisaca, caida) e ogni volta resistendo, rialzandosi, lottando contro la morte, e accasciandosi con la bocca ancora chiusa.
Vuelta meritata per lui, un signor toro, e silenzio rispettoso per l'uomo.
Tre picche anche per il quinto della giornata, piccante e malmostoso, capace di difendersi alle banderiglie e poi di attaccare nell'ultimo tercio, senza trovare in Lescarret, ancora provato, una qualche resistenza.

Parlando di uomini, la sorpresa del pomeriggio veniva dal giovane Delgado: postura elegante, quieto con la muleta in mano, ci regalava i momenti di toreo più plastico e armonico della corrida. Certo i mezzi sono ancora quelli di un novizio, e le grosse lacune con la mano sinistra ne hanno guastato la prestazione.
Il suo primo avversario, Gitano,  si presentava con un fisico da novillo prestamente fischiato dagli spalti: senza gloria al cavallo, Gitano era potabile sul corno destro, che Delgado sfruttava per un paio di serie riuscite. Ma quando il vento rivelava al toro qualcosa di più consistente dietro la stoffa rossa, la faena cambiava registro e, soprattutto a sinistra, diventava sfilacciata e difficile. Un pugnale rabbioso e fulminante liberava il ragazzo dalle sue angosce.
Chiudeva una giornata non brillante il non certo brillante Turronero: male nel cavallo e male di fronte ai subalterni, approfittava comunque dell'aria che gli lasciava Delgado per arrivare nella muleta con velocità: ma ancora, la faena si sviluppava in due movimenti diversi e opposti - ben condotta e ispirata a destra, male amministrata e in calando a sinistra.
Una buona entrata per uccidere valeva a Delgado la sola orecchia della serata.

Encierro al di sotto delle aspettative dunque quello di Pagès-Mailhan, che in molti tra gli aficionados presenti credevano potesse portare, dai suoi pascoli non lontani dalle Saintes Maries de la Mer, un sestetto maggiormente interessante e vibrante.
Molto sospette le corna di più di un esemplare.


martedì 1 maggio 2012

Corrida magrittiana





Dopo la corrida goyesca di Madrid o Ronda o altrove, dopo la corrida picassiana di Malaga, signori e signori ecco il nuovo matrimonio tra tauromachia e arte pittorica: Saint Martin de Crau ha inaugurato domenica, suo malgrado, la prima edizione della corrida magrittiana.

Esaù Fernandez ha elevato in dieci minuti sciagurati il surrealismo a catastrofe non solo taurina ma interplanetaria, ha stuprato le idee di valore e coraggio e serietà che fanno del torero un superuomo, ha catapultato l'arena di Saint Martin in un buco nero impensabile.
Beccato da qualche olé di scherno al sesto toro, dopo non essersi brigato di allontanarsi nemmeno mezzo metro dal burladero né per saggiarlo con la capa, né per metterlo in posizione alla picca, nè per fingere un minimo di impegno e dunque lasciando tutta la responsabilità ai subalterni, presa la muleta in mano il prode Esaù si è avvicinato al suo avversario: ancora qualche olé di rimprovero e sarcasmo dal pubblico, un solo passo con il panno, e il nostro se ne partiva con fare indignato verso le assi.
Presa la spada, e con gesti plateali facendo capire alle gradinate che lui non accettava rimbrotti, si accaniva sull'animale per ucciderlo malamente in più tentativi frettolosi e supponenti.
Come se quel Cebada Gago fosse un fastidio di cui sbarazzarsi presto, come se quell'arena e quegli aficionados fossero uno sfortunato ed obbligato incidente in una stagione fatta di glorie nelle più blasonate arene del mondo.

Esaù Fernandez è stato vergognoso e pessimo, e pure demenziale: ha voluto giocare la parte del torero geniale e imprevedibile, ma il problema è che Esaù Fernandez sta a Curro Romero come Bombolo sta a Marlon Brando.
Curro Romero poteva permettersi di non vedere il toro, certo, ma Curro Romero trasformava la bronca in ovazione solamente uscendo con passo torero dall'arena.
E Curro Romero era Curro Romero.

Esaù Fernandez merita di non firmare più contratti, in Francia sicuramente ma ci auguriamo anche altrove, per questa stagione e magari le prossime.
O si è torero o non ci si veste di luci, ché il toro e il pubblico e la professione richiedono rispetto, totale e devoto.

Questo è una pippa.


(qualche notizia in più qua; artwork Alle Cinque della Sera)