martedì 31 gennaio 2012

Arles al tempo della crisi


Sul sito dell'arena il programma della feria di Pasqua.
Nessuno del G10, un pò di giovani che fa piacere scoprire o rivedere, Ruiz Miguel e Padilla, un ventaglio ganadero inflazionato da queste parti, Castaño e Robleño con i Miura e Fandiño e Mora con i Fuente Ymbro.

domenica 29 gennaio 2012

Agriturismo Cantonazzo


Quando insieme passi pomeriggi interi sui gradini di Arles o Tafalla, Madrid o Ceret, Bilbao o Saint Martin de Crau, e quando poi insieme saggi tutte le potenzialità del pastis o la brutalità dei tori di Prieto de la Cal, e quando insieme ti alzi alle sette dopo una notte di bagordi per andare a vedere i tori al campo, e poi prepari pranzi e tavolate, e poi programmi le stagioni a venire...insomma quando insieme agli amici vai ai tori, ormai, sei pronto a tutto.

E' che poi le imprescrutabili vie che disegna e impone l'aficion ti portano per un week-end all'Agriturismo Cantonazzo, per farla breve un posto magnifico e incredibile, e allora sai che ancora avevi qualcosa da scoprire.
All'Agriturismo Cantonazzo tutto è straordinario: quella cascina che sembra uscita dritta dal set di Novecento, quel cotto rosso al pavimento, il camino a legna che scalda la sala, i mobili antichi che ornano le stanze, e quell'impressione preziosa e dimenticata di essere fuori dal tempo, finalmente fuori dal tempo.
La nebbia entra discreta nella corte, i filari di pioppi all'orizzonte, nel piatto i marubini in brodo e sul fuoco i bolliti che presto si sposeranno a mostarda e salsa: è l'apologia della bassa, quella terra unica e tremendamente affascinante che chi non l'ha conosciuta non può nemmeno immaginarne la grandezza.
Quel sanguinaccio che ieri sera ha arricchito il menu era lo stesso che preparava mia zia, trent'anni fa, un miracolo di gusto e verità.

Al Cantonazzo capita dunque di sedersi a tavola con gli amici dei tori, un sabato sera di fine gennaio, e di addormentarsi felici qualche ora dopo proprio lì, sul divano, al calore della legna che scoppietta nel camino, dopo bicchieri e chiacchiere e ogni ben di dio nei piatti.
Il paradiso non deve essere molto diverso da così.

Questo pezzo suona forse come pubblicità occulta?
No non sbagliamoci, questo pezzo è una pubblicità palese e consapevole: l'Agriturismo Cantonazzo è un'oasi di serenità e piacere, un posto straordinario dove andare e dimenticare tutto, sedersi sul divano di fianco al braciere e, semplicemente, aspettare.
Che la legna cominci a bruciare, che la tavola prenda ad apparecchiarsi, che il vino si versi nel bicchiere.
E che venga poi l'ora di salire in stanza, chiudere le persiane e addormentarsi come ci si addormentava da bambini.
Felici.

Andateci.



Agriturismo Cantonazzo

via Verdi 44
S.Lorenzo di Torre de' Picenardi
Cremona
26038

tel: +39.0372.33507
fax: +39.0372.33507
cellulare: +39.347.3029878


giovedì 26 gennaio 2012

Esilarante Castella


La questione è nota: qualche tempo fa Castella si trovava a Quito per partecipare alla feria della città, quella in cui da quest'anno è bandita la messa a morte del toro. Non pago, decise di rilasciare un'intervista al quotidiano locale Hoy nella quale si inventò una nuova figura dell'olimpo tauromachico: il torero che piange per i tori. "Non mi piace vedere soffrire gli animali, arrivo a piangerne. Vado all'arena per toreare, non per uccidere un toro".
Queste e altre perle contenute in quell'intervista suscitarono, per usare un eufemismo, un certo disappunto tra gli aficionados di tutto il mondo, e tra censure polemiche e sarcasmi vari la questione rimbalzò tra siti, blog, quotidiani, riviste.

Nell'affannato desiderio di rifarsi una verginità, lo stesso Castella ha colloquiato un paio di giorni fa con Midi Libre, testata del sud francese: sono stato frainteso, il succo di questa nuova intervista, e "non si può apprezzare una grande faena senza una buona stoccata. La morte del toro è il momento culminante del combattimento. E' un'autentica fiesta, e senza morte non ha alcun senso."
Ecco dunque, le cose sono sistemate.

Beh, insomma, non del tutto penserete voi.
In effetti che un torero che ha volato fino a Quito per legittimare quella vergognosa depravazione della fiesta, ora si abbandoni a dichiarazioni così seriose e impegnative è quantomeno bizzarro. Forse che laggiù la morte del toro non è l'apice di una buona lidia, e che in terra ecuadoregna il toro non merita una fine dignitosa?
Ma il vero capolavoro è la foto che accompagna il pezzo su Midi Libre: scommetto qualche centinaio di euro che il redattore del giornale è un antitaurino, no, anzi, è piuttosto un vecchio ammiratore di Castella ora profondamente deluso dall'involuzione del suo pupillo.
La morte del toro è il culmine e bla bla bla, e a corollare il tutto uno scatto in cui Castella...prende la tangenziale, arriva dal fianco, abbandona la muleta ad accecare il toro e scarta sul lato per poi infilare comodamente la sua stoccata, le corna del toro già sufficientemente lontane.
Straordinario.

Tanto valeva restare a Quito.


(ritaglio dell'articolo di Midi Libre)

martedì 24 gennaio 2012

Un pò di cose


Madrid aprirà la stagione delle cose serie con un mano a mano tra Fandiño e Mora, domenica primo aprile: i tori ce li metterà Jandilla. Poteva andare meglio.

Arles ha ormai definito il suo programma, che verrà ufficializzato a fine settimana: alle notizie che già circolano in rete si dovrebbe aggiungere la presenza di Robleño in apertura con i Miura, e pare si stia trattando per quella di Urdiales il lunedì con i Fuente Ymbro.

La Quinta, benché sollecitata, non sarà a Las Ventas, dove invece correranno gli Escolar Gil.
Il 1° di giugno ricorrerà il trentesimo anniversario della Corrida del Siglo, che venga programmata proprio quel giorno una corrida di Victorino?

Buone notizie, come spesso accade, dalle arene piccole: a Saint Martin Cebada Gago, ad Alès Hoyo de la Gitana, a Cenicientos probabilmente i Palha.
Arnedo per il suo Zapato de Oro metterà in fila tra gli altri i novigli Cebada Gago, Baltasar Iban, La Quinta. Ad Azpeitia Escolar e Palha, a Parentis Flor de Jara, Raso de Portillo e Valdellan.

Padilla ritorna davanti ai tori. Prima Olivenza, poi Valencia, poi Arles e dopo chissà.
Si troverà di fronte bestie con sangue domecq, certificazione questa che le corride dure sono altra cosa.
A prescindere, un uomo da ammirare infinitamente.

José Tomas attaccherà la sua temporada solo più avanti, quindi non dovrebbe essere questione di Olivenza, o Valencia. Anche per lui solo sangue domecq?

A Castellon gli aficionados presenti assisteranno ad un inconsueto torneo: in tre giorni consecutivi Miura, Victorino e Cuadri si sfideranno (?) in un triplo mano a mano ganadero.
La moda lanciata da Casas a Nimes e Valencia fa proseliti.
Resta il fatto che il tutto è piuttosto intrigante, benchè una corrida completa sia altra cosa, ma ahimé Ryanair non sembra troppo sensibile ai desideri aficionados.

Voci sommesse dicono di alzare le antenne e stare attenti a cosa succederà dalle parti della Catalogna verso fine maggio: sembra che a Barcellona qualcuno non si dia per vinto, e stia preparando una sorpresa gustosa. Poco più in là, dicono, ma davvero gustosa.

Toro Negro è un film pazzesco, ne parleremo presto.

Il sito dell'Adac di Ceret lunedì 16 gennaio è stato piratato. In homepage campeggiava la maschera di Guy Fawkes (V per Vendetta, per semplificare), e la mailing list ha sputato fuori tutto il giorno un paio di messaggi antitaurini.

Il 2 febbraio a Cañadas de Obregon, provincia di Jalisco (Messico), andrà in scena un mano a mano tra Fremin Rivera e Antonio Garcia El Chihuahua, con tori di Pepe Garfias.
Non c'entra molto, ma fa piacere sapere che anche dall'altra parte del mondo continua a vivere la corrida.


(nella foto - donna torero di Moschino, da pianetadonna.it)

domenica 22 gennaio 2012

Una foto (14)




(foto Ronda - Chinchon)


venerdì 20 gennaio 2012

Il Pirata

Inserisci link


Cinque mesi dopo Saragozza.
Torna Padilla.


(foto Agenzia Efe)

giovedì 19 gennaio 2012

Schiena dritta


Attraverso il blog delle Strade del Toro leggiamo di un'intervista a Fernando Cuadri, pubblicata su una rivista taurina spagnola.

- E se a Castellon, per esempio, la mata (la sua corrida, ndr) El Juli?
- Se è per fare un gesto, encantado, se non la prende ancora meglio

- E perché?
- Vedi, noi stiamo bene dove siamo, al nostro posto con cinque corride l'anno e pochi problemi. E anche le figuras, sono perfette al loro posto. Se una figura trionfa con una nostra corrida, poi vuole ripetersi e peggio ancora manderà il suo emissario a selezionare la mandria e chiedendo di cambiare un toro con un altro e questo genere di cose...

Olé Fernando.



(Cuadri - foto Laurent Larrieu per Campos y Ruedos: la galleria qua)



martedì 17 gennaio 2012

Pomodoro e i suoi colleghi, parte seconda


Per fortuna i tori non sanno leggere.
Cosa potrebbe mai pensare infatti quel malcapitato cornuto che, dando un'occhiata veloce al registro del suo allevatore, scoprisse di chiamarsi Dormiglione?
Con che coraggio ti presenti in un'arena, sbuffi rincorrendo una cappa, ti catapulti contro il cavallo e infine accerchi l'uomo nell'ultimo atto, se sai di chiamarti Dormiglione?
In effetti quel toro, marchiato Prieto de la Cal, si comportò come chiunque sia svegliato controvoglia e debba ahilui lasciare il caldo e comodo gaciglio: nervoso, irritabile, tignoso.
Il suo torero sudò qualche camicia per addormentarlo per sempre.

Sì lo ammetto, questo giochino mi diverte.
Già con Pomodoro e compagnia avevamo snocciolato qualche nome, e ora proseguiamo: è esercizio troppo entusiasmante per potersene privare quello di andare a sfogliare il taccuino, quello di andare a riprendere i vecchi sorteggi, e rileggere tutti in fila i nomi dei tori visti all'arena.
Così, ripassando l'agendina del 2010, ne è venuta fuori un'onomastica ancora una volta straordinaria.

Semenzaio e Vinicolo, per esempio, due tori che celebravano la terra e i campi.
Bene.
Da Lustrascarpe, uscito ad aprile, a Trasfertista uscito in settembre ci passano non solo una manciata di mesi ma l'intera evoluzione (o involuzione?) delle professioni.

I diminutivi sono terrificanti.
Perchè chiamare un toro Piccolino?
Per umiliarlo e suscitare ilarità negli aficionados?
Perchè Lupacchiotto, o Cordino?
A Ragazzone era andata già meglio, a regola.

Gli allevatori e i mayorales devono essere gente dalla fantasia fervida.
Campanaro e Rallentato, Notaio e Randagio, Lezioso e Bottiglia.
Tutti tori che ho visto uscire due stagioni fa.
Bottiglia sembra il soprannome di un avventore della locanda giù in paese.
A proposito, appunto, c'era anche Oste.

Narratore e Assaggiatore rimandano a figure di cortigiani al servizio del re, Curioso e Facciallegra suscitano simpatia, Spillo e Aguzzo parrebbero fratelli ma hanno sangue e ferri diversi.
Andaluso è un bel nome, per un toro, Sivigliano e Trianero che ne sono una declinazione anche.

Indifeso ha avuto un battesimo sfortunato, ma ha finito i suoi giorni ascoltando il Concierto de Aranjuez insieme a Tomasito, e si è riscattato così.

Insoluto, uscito nel 2010 ma nato quattro anni prima, anticipava la crisi finanziaria che attanaglia il continente; Supponente e Lezioso avevano nomi che presagivano caratteri diversi, Alfiere e Lord portavano più nobiltà nell'appellativo che non nelle cariche.

Che incredibile tradizione, quella del battesimo dei tori.
Quanta inventiva, quanta libertà, quanta visionarietà.

Nel 2010 abbiamo visto combattere una Stella e un Principiante, un Randagio e un Fandango, un Campanaro e uno Smorfioso.

Due uccellini, a dispetto della massa di muscoli e delle sciabole in testa: Cardellino e Colibri, questo secondo un giovane veragua impetuoso, un contrasto gustoso.

Pasticciere e Gelataio arrivavano da due famiglie diverse e lontane, a dispetto del nome, e Demagogo chissà se ha mai sentito il peso di quell'appellativo.

Il Garofano Rosa di Maria Luisa non fu che lontano parente di quel Bianco che ci fece vibrare, Ascolta Bene di Fidel San Roman fu invece uno dei tori migliori di tutta quella stagione.

Tanti altri ancora, nel 2010, certo.
E quell'Avatar, davvero, clamoroso: chissà se il mayoral ancora indossava gli occhialetti in 3D, il giorno in cui gli decise il nome.


(foto Ronda - Vinaiolo)

domenica 15 gennaio 2012

Torero, tra sogno e realtà


Girato a fine anni novanta tra Madrid e Siviglia, Torero, tra sogno e realtà porta la firma di Federico Bruno, regista romano.
Fatto straordinario, una pellicola italiana sulla corrida: non siamo certo di fronte a un capolavoro, ma la presenza di un giovane Padilla, di una Cristina Hoyos misteriosa e di Paco Rabal alla voce fuoricampo, rendono l'opera evidentemente interessante per gli aficionados nostrani e non.

In un'ora e poco più di narrazione il regista invita lo spettatore in un tuffo nella Spagna profonda, quella dei tablao e degli orizzonti infiniti, quella delle feste patronali e delle chitarre gitane.
Così immagini di tori al campo e sequenze di lidia all'arena si sovrappongono e mischiano con scene di ballo e di canto flamenco e con squarci di vita rurale: a legare il tutto la voce baritonale e roca di Paco Rabal a leggere poesie di Lorca e a parlare di tori e morte e Spagna.
Non c'è una vera e propria storia, se non quella di un giovane ragazzotto che sogna di vestirsi di luce e di una ragazzina che sogna invece di diventare un giorno ballerina: Torero, tra sogno e realtà è più che altro una collezione di immagini, più un esperimento a metà tra il video clip e il documentario che un'opera completa vera e propria, in cui lo sguardo di un osservatore lontano (il regista italiano) si affaccia su un mondo così misterioso e impenetrabile come quello della Spagna delle passioni.
La cinepresa indugia spesso, si attarda a seguire le evoluzioni del torero nell'arena e delle ballerine rischiando spesso la maniera e in alcune occasioni rendendo stucchevole il risultato: certo è che alcune sequenze nella placità de tienta dove l'imberbe aspirante torero si mette alla prova, o gli sguardi sulla campagna senza fine, o l'incontro tra la ragazzina e una zingarissima Cristina Hoyos nella Piazza di Spagna di Siviglia meritano comunque una visione.

Ah: Padilla senza basette è inguardabile.


(un fotogramma tratto dal film)

giovedì 12 gennaio 2012

Diritti



Dicono che Ivan Fandiño si sia candidato per chiudersi con sei tori a Bilbao, il prossimo mese di giugno, in occasione del cinquantesimo di quell'arena: magari due di Alcurrucen, perché no due di Fuente Ymbro e per chiudere in bellezza un paio di sangue santacoloma o saltillo.

Dicono anche che David Mora, una volta filtrata la notizia di una possibile riedizione del mano a mano tra lui e lo stesso Fandiño in apertura di stagione a Madrid, abbia proposto di confezionare la corrida con due di Cuadri, due di Cebada Gago e due (così, per provare l'ebrezza) di Nuñez del Cuvillo.

Dicono infine che Robleño stia già pensando alla sua encerrona di Ceret con sei Escolar Gil, e che nei prossimi mesi abbia pianificato un duro lavoro in quella ganaderia per arrivare preparato all'appuntamento.

Nel frattempo i Grandi Toreri sono strenuamente occupati nella gestione dei loro diritti di immagine.

C'è chi pensa al toro, e chi ci pensa un pò meno.



(foto Juan Pelegrin - mano a mano Fandiño/Mora ottobre 2011)

mercoledì 11 gennaio 2012

Faber


11 gennaio 1999, tredici anni fa ci lasciava Fabrizio De Andrè.
Immenso poeta, immenso vuoto senza di lui.

Cantò di una tequila ghiacciata e di un torero che toccava il cielo, in quella Avventura a Durango di dylaniana ispirazione.

domenica 8 gennaio 2012

Il nostro 2011





Nel 2011 abbiamo visto spettacoli a Madrid (3 corride, 1 novillada), St Martin de Crau (2c), Arles (5c, 1nsp), Ceret (2c, 2n), Cenicientos (1c), Chinchon (1n), Tafalla (2c), Bilbao (3c), Nimes (2c): ecco qua sotto, esclusivamente riferendoci a quanto visto all'arena, le cose migliori della passata stagione

Non abbiamo incrociato nessun toro storico, ma alcuni buoni esemplari sì: Cortesano di Escolar Gil da menzionare per primo, un gran toro nei tre tercios, e insieme a lui Podador di Cuadri e Perseguido di Cebada Gago che pure hanno dimostrato qualità eccezionali in tutte le fasi della corsa.
Tre tori così e una temporada già è da ritenersi riuscita, tre tori di quelli che ancora ricordi nelle serate di inverno.
L'encierro più completo probabilmente quello di Cebada Gago a St Martin de Crau, benché pure Escolar Gil a Ceret abbia portato una corrida di fuoriclasse: mobili e nervosi e con un fondo di classe eccezionale i primi , coriacei e esigenti i secondi.
Certo ai Cuadri di Madrid, benché la corrida sia uscita difforme e aspra, va la palma del sestetto più selvaggio, brutale, e encastado di tutto l'anno. Un corridone, non un solo momento di noia, emozioni dall'inizio alla fine.
Sorprendente poi la corsa dei Nuñez del Cuvillo di Bilbao: ben presentati, piuttosto solidi di gambe, con qualche forma di bravura nel cavallo e una nobiltà non solo meccanica nell'ultimo atto. E abbiamo apprezzato anche i Fuente Ymbro di Arles, una corsa decisamente interessante benché mal sfruttata dai tre uomini e non del tutto convincente al cavallo.
Ma se proprio dovessi dirne una sola, a dispetto di tutto il resto la corrida di Cuadri è quella che vorrei rivedere e rivivere, un'altra volta all'arena.
Poi certo anche qualche toro isolato: Rodalito di Peñajara a Madrid ha portato sulla pista motore e carica, un toro emozionante con cui ahimé Jimenez non ha saputo accoppiarsi fino in fondo.
E Pasion, di Garcigrande: un buon toro, dignitoso alla picca e infaticabile nella muleta, che avrebbe potuto lasciare sulla sabbia di Arles una coda gigantesca e un nome da da ricordare ma che l'indultite dilagante ha graziato e automaticamente condannato all'anonimato.

Fra gli uomini vestiti di luce, due nomi si impongono su tutti gli altri: Ivan Fandiño e David Mora, che hanno marcato la temporada europea con il loro entusiasmo e il loro valore e che, curiosamente, avevamo visto entrambi nella feria di St Martin de Crau che aprì la nostra annata. Conferma che non c'è bisogno di frequentare le arene più blasonate per vedere cose buone.
Fandiño e Mora hanno dimostrato una toreria che pochi, oggi, possono vantare: coraggio e pundonor, grinta, carattere. Certo i mezzi vanno perfezionati, ma il Fandiño di Madrid che affronta i Cuadri di petto, e il Mora di St Martin o Bilbao che aspira e comanda le cariche dei suoi avversari ci hanno lasciato ricordi indelebili.
Di Castaño e Morante già si è detto, nella stagione scorsa abbiamo potuto godere dell'eleganza di Manzanares a Bilbao (benché il suo toreo spesso profilato alla lunga sia deprimente), delle sovrannaturali capacità de El Juli e del bello stile di Abellan.

Dovendo fare il gioco della torre anche per gli uomini e le loro opere, insomma dovendo eleggere la faena dell'anno, salveremmo due toreri e due momenti: Fandiño a Madrid, Morante a Bilbao. Le ragioni sono evidentemente opposte, a fare denominatore comune la grandezza eterna e inarrivabile del toreo.

Nel 2011 abbiamo potuto apprezzare anche il lavoro di alcuni subalterni davvero buoni.
A Ceret si sono messi in mostra i fratelli Beltran, che officiavano nella cuadrilla del novigliero Emilio Huertas e che hanno assistito il loro titolare con una lidia impeccabile e precisa, andando anche a piazzare due paia di banderiglie straordinarie.
Notevole anche la preparazione della squadra di Manzanares, che a Bilbao si è esibita in una prova di professionalità e competenza.
Infine, sono merito di Jesus Arruga della squadra di Jimenez e di Curro Javier peone di Manzanares le due paia di bastoni più emozionanti della stagione.

Tra gli altri uomini vestiti d'oro, quelli seduti a cavallo, abbiamo applaudito Paco Maria che si è occupato di Cortesano di Escolar Gil e Francisco Javier Sanchez della squadra di Alberto Aguilar che a Madrid ha dovuto contenere la carica selvaggia di Aviador di Cuadri.

Infine, due le stoccate da ricordare: quella con cui El Fundi ha liquidato Canelito di Miura ad Arles, e il recibiendo mozzafiato di Castaño a Ceret.

Poche le novilladas viste l'anno scorso, è rimasta nella memoria la mattinata dura come il marmo di Ceret con i Moreno Silva: El Dani se la cavò bene.

E in chiusura impossibile non omaggiare, in un ideale palmares della stagione, la serietà di alcune arene di provincia: quelle piazze polverose e magari mal intonacate, dove la pista è piccola e il toro grande, e dove la tauromachia è celebrata e omaggiata molto più che altrove.
St. Martin de Crau, Ceret, Tafalla, Cenicientos: lontane dai riflettori delle grandi ferias, ammesse a comparire nelle cronache taurine dei giornali solo in occasione di incidenti e disgrazie, è qui che spesso va in scena la corrida più vera, quella fatta di sudore e sacrificio, di tori con casta e toreri valorosi.
E infatti è da queste parti che vogliamo tornare, nella prossima stagione che lentamente si avvicina.


(foto Ronda - Cenicientos)


mercoledì 4 gennaio 2012

Muleta, di Riccardo Maneglia

Cosa sia un jazz-cartoonist non l'ho mai saputo e sinceramente non ho neanche mai sospettato che ne esistessero.
Ora però ho capito: il jazz-cartoonist è colui che crea tavole e strisce come quelle di Muleta, qua sotto.
L'autore è Riccardo Maneglia: romagnolo, jazz-cartoonist appunto, grafico, pittore, artista poliedrico e qualcos'altro ancora.
Ché oltre a quello per la tromba di Miles Davis, Maneglia deve avere anche il tarlo per i tori.

Buona visione.



lunedì 2 gennaio 2012

Perché andiamo a vedere la corrida






Tempo, vita passata, ricordi, nostalgia e rimpianto, e morte.

Vita che è sempre, necessariamente, altrove, sempre un poco più in là, un poco più indietro nel tempo. Vita che mai ci è dato afferrare al presente, in diretta. Vita da sempre vissuta, appunto, attraverso il suo essere "ieri", "allora", "un tempo". Mai adesso, mai qui, mai ora.

Mai vera, nemmeno nei momenti più veri.

Vita che non è mai vita presente ma solo illusione, ricordi, nostalgia, rimpianto, sconfitta.

E morte prima ancora della morte. Sorella morte che tutto presto avvolge e perdona. Che tutto redime e pacifica, che tutto cancella nel nulla che desideriamo e odiamo. Perchè quello che c'è è tutto quello che c'è. Non ci saranno date altre occasioni.

L'occasione di essere è solo questa, questa cosa effimera, spezzata, imperfetta che non riusciamo ad afferrare, ma solo intuire, immaginare, e poi rimpiangere. Vita che è solo questo attimo breve, incompleto, dolcissimo e ripugnante, avvelenato dalla costante consapevolezza di quel qualcosa di assoluto, di infinita bellezza, di quella bellezza abbacinante che avrebbe potuto essere ma che non è stato. E che non è e non sarà mai, non sarà più, mai più, e poi solo il nulla.

La vita, questa insopportabile, falsa, terribile, tragica beffa.

Siamo soli e siamo tori.

Perchè vado a vedere la corrida?

Perchè ricordo i miei vent'anni, un amore - forse l'unico vero amore, perchè l'amore può essere vero solo a vent'anni, innocente e ingenuo come il desiderio del toro per quel panno che lo attrae. Quel panno strano, con quella cosa vestita di luci attaccata che se la conosci prima non ti frega più, la muleta. Che se la conosci prima non ti frega più, l'amore.

Ricordo che c'erano i miei vent'anni e una moto. Un fratello sul sellino posteriore e la Spagna sotto le ruote. Valencia.

Un'arena e un uomo. Lo ricordo bene, Rafael de la Vina. E i tori.

"Io amo colui che ove è possibile intuire, disdegna dedurre".

E' la mia citazione preferita. Nietzsche. Also spracht Zarathustra, se ricordo bene.

Una moto e la Spagna. Sotto il casco il recente ricordo di "Morte nel pomeriggio". Hemingway.

Non avevo capito nulla, di corrida, dopo quella lettura. Ma non era stato necessario dedurre. Era bastato intuire per capire che la vacanza sarebbe stata un viaggio verso un'arena. Perchè aficionados si può solo nascere.

Perchè spagnoli si può solo nascere. Qui, a Genova, a Piacenza, a Cinisello Balsamo, a Ragusa come a Madrid, a Murcia, a Linares, a Ronda.Perchè quello che ci porta in un'arena è qualcosa che sta nel centro esatto del nostro essere e dell'universo. Riflesso e centro di ogni nostro sentire.

Perchè vado a vedere la corrida?

In fondo credo di averlo scritto già: perchè gli attimi vissuti ai tori sono di una verità assoluta. I soli veri che ci è dato di vivere. Veri sempre e comunque.

Un uomo e poco più e la morte che si fa vita e poi morte e poi vita e ancora e ancora in una effimera, immortale proprio perchè temporanea, ghirlanda.

Perchè ho capito, vedendo il mio primo toro, quello che avevo sempre saputo: che in ogni singola faena, e solo in una faena ,anche la peggiore, per chi ha occhi per vedere e cuore per capire la vita è finalmente vita vera, e quella sua orribile, pallida imitazione che siamo costretti a vivere tutto il resto del tempo viene cancellata, interrotta, sospesa da quel laico sacerdote capace di fermare il tempo.

Perchè vado a vedere la corrida?

Perchè "Todo tiempo que no dediquemos a ver toros o hablar de toros, es tiempo perdido" (Fernando Lopez Claramunt)

Perchè vado a vedere la corrida?

Ecco, non lo so, perchè vado a vedere la corrida. E in fondo nemmeno mi interessa tanto saperlo.

Vado all'arena come il regista di film porno del film "Guardami" va alla telecamera, con la consapevolezza che "Sono quarant'anni che faccio film porno e non ho ancora capito cosa sto cercando di filmare". Forse.


Paolo Dallorso



(foto Ronda - per inviare il proprio testo: alle5dellasera@tiscali.it)