mercoledì 14 ottobre 2009

Calexico

Inauguriamo l'etichetta musica con un articolo che parrebbe, a prima vista, fuori tema: l'esordio è affidato né al flamenco né alle bande del sudovest, niente sevillanas né Vino Griego.
Sopratutto, non si parla di pasodobles: lo faremo, ma non ora.

Argomento del giorno sono i Calexico.
Per dirla con Ondarock, che al gruppo dedica una esaustiva monografia, "sul finire degli anni Novanta, decennio in cui il rock ha guardato costantemente in avanti, i Calexico hanno rivolto il loro sguardo indietro riesumando, col piglio austero degli etnomusicologi, musiche di tempi e luoghi remoti, arrivando così a creare una forma di roots-rock postmoderno, tra complesse partiture strumentali e suggestioni messicane. L'esito è un affascinante road-movie nel deserto dell'Arizona".

Da Tucson, Arizona, una decina di anni fa i Calexico balzarono agli onori delle cronache mondiali con un suono che univa con mestiere e anima malinconie del folk a esuberanze mariachi, tematiche country a fascinazioni desert e dilatazioni post-rock, roba buona da ascoltare mentre si legge il McCarthy della trilogia o una saga western.
I due album che li fecero conoscere anche da noi, collezioni confezionate con sentimento in cui i pezzi strumentali avevano perlomeno pari, se non maggiore, dignità di quelli cantati, fecero il botto: il resto fu merito di un approccio live genuino e spontaneo, che riusciva a dare alle canzoni della band spessore ed energia.
Poi il gruppo si perse, i melliflui richiami del pop inquinarono la sua ispirazione, e le ultime prove in studio ballano tra l'insipido, il deludente e l'imbarazzante.
Ma The Black Light (pietra miliare secondo Ondarock) e Hot Rail meritano un posto privilegiato nella discografia di ognuno.

Bene, e fin qua siamo al classico pezzo da blog musicale, da amatore del pop che ne scrive un pò per diletto, da recensione dilettante.

E' che fino a poco tempo fa non ci avevo fatto caso, il 2+2 non mi era per ovvie ragioni riuscito: ma dalle prime letture taurine, dalle prime corride in poi, l'associazione è stata facile.
Nella tracklist di Hot Rail eccoli là, nascosti tra gli altri, tre titoli che non lasciano spazio alla fantasia.
Il disco si apre con El Picador, prosegue con Muleta e si chiude con Tres Avisos.
Nessun dubbio.

Cosa sono questi pezzi?
Non so se i Calexico facciano parte di quella schiera di americani del sudovest sensibile al richiamo dell'aficion, tanto da coltivare questa passione tra un McDo e una partita di baseball e passare spesse volte la frontiera per andare a cercare la corrida, da Tijuana in giù.
Magari in una qualche intervista l'avranno pure detto, chissà.
C'è che questi tre pezzi, per inciso tra i migliori dell'album e di tutta la loro produzione, sono un omaggio a un mondo, il tributo a una suggestione, forse una dichiarazione d'amore.
Fatto straordinario, i Calexico regalano una musica alla corrida ma non lo fanno suonando musica da corrida: non c'è l'ombra del più inflazionato dei pasodobles in quei tre titoli, ma c'è la stessa passione, lo stesso trascinante coinvolgimento, la stessa identificazione.
Suonano da Calexico, non da orchestrina dell'arena, e suonano il picador, il torero, il toro.
Bravi.

Negli altri album, vado a memoria, non ci saranno più riferimenti alla corrida: tranne forse solo una Banderilla piazzata in un qualche disco successivo.

I due album citati si trovano facilmente nei negozi di dischi e ancor più facilmente per altri canali: meritano l'ascolto.
E chissà che un giorno, in un qualche polveroso paesino messicano, l'orchestra non accolga l'ingresso dei cavalli con le note de El Picador: sarebbe bello vedere l'effetto che fa.


* El Picador su Youtube
* Muleta su Youtube
* Tres Avisos su Youtube


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