domenica 22 febbraio 2009

Lamentosa invocazione




"Si può uccidere anche per amore, e gli spagnoli amano perdutamente l'animale toro.
Durante il tornero, la cosa che il matadore più ama è il suo toro, se nobile e bravo.
Osservate l'espada (il torero, ndr) quando, dopo la stoccata, attende la caduta del toro: sembra chiedergli scusa se gli ha fatto male, spesso lo accarezza o lo accompagna passo a passo lungo il cammino dell'agonia, sempre tenendogli una mano sulle corna.
E il pubblico non protesta forse ogni momento contro quelle canaglie dei piccadori perché fanno troppo male a un toro che deve morire dieci minuti dopo?
(...)
Nell'ultima sorte del torneo quando la lotta fra l'uomo e la fiera supera i vertici di una danza rituale (la tauromachia, oltre a certe leggi geometriche ed alcuni termini tecnici - piroetta, molinete etc. - ha in comune con la danza alquanti atteggiamenti plastici tradizionali ed ha talora le stesse necessità musicali. Infatti se per una improvvisa ispirazione o esaltazione del torero la giostra diventa più serrata e vorticosa, subito intervengono i musicanti dell'arena ad accompagnare con una jota o un pasodoble il fiammeggiare della muleta e i lampi della spada);
nell'ultima sorte del tornero dunque, quando il toro si avventa contro il piccolo drappo rosso che protegge il torero, ed ha così inizio la parte più emozionante del combattimento genericamente detta faena, il volto dei toreri ha sempre un identico tragico atteggiamento: occhi stretti, mascelle contratte, narici vibranti. E tengono il collo duro piegato in avanti, la testa reclinata a sinistra, il braccio libero lievemente sollevato, dita tese e staccate, mezzo busto superiore inarcato, e la bocca quasi sempre tanto aperta da toccare il petto con il mento.
Il torero parla al suo toro; urla, o pensa o discute col suo toro. Oppure lo chiama, lo invoca, svelto svelto: toroo, toroo, ehhh, ahhh, vamos, valiente.
Non è un grido forte o scomposto: è piuttosto una lamentosa invocazione talvolta intonata al lugubre muggito del toro che dal fondo sale alla bolgia rovente della plaza e si spande e trabocca sull'anima del pubblico."

- brano liberamente tratto da Volapié di Max David, ed. Bietti -


(foto Ronda - novillada senza picadores, Arles 2008)

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