domenica 21 dicembre 2008

Il toro Civilon

Questa storia va raccontata, anche se non è certo fin dove arrivi la cronaca e dove inizi la leggenda, e su questo sottile crine è in compagnia dei mille altri racconti che popolano la storia della corrida.

Civilona era una vacca che viveva nella tenuta salmantina di Juan Cobaleda: come è tradizione, i vitelli che diede alla luce presero nomi derivati dal suo.
Civilero, Civilito, Civilin, Civil e Civilon.
Come capita al toro bravo venne il giorno per ognuno di loro di lasciare il campo ed entrare in un'arena, a combattere e rinnovare ancora una volta la secolare battaglia con l'uomo.

I figli di Civilona fecero onore ai geni e alla bravura, eccezionali disarcionarono i picadores e mangiarono la muleta che il torero metteva davanti ai loro occhi.

L'ultimo dei cinque destinato a lasciare i pascoli della ganaderia, Civilon, fu venduto per una novillada a Valencia: sarebbe caduto là.
Ma in uno dei frequenti combattimenti tra tori che ritmano le stagioni nelle tenute e che segnano di rughe i volti dei ganaderos, Civilon fu ferito da un altro novillo, il collo trafitto da un corno.
Due mesi durarono le cure.
E in questi due mesi furono tante le volte in cui la figlia del ganadero, una bimba di sette anni di nome Carmelina, accompagnò il padre e i veterinari da Civilon.
Li guardava medicare la ferita preoccupati, silenziosamente li osservava muoversi cauti intorno a quel corpo di muscoli e corna , guardinghi, pronti a mettersi al sicuro.
Restava lontano, Carmelina, perché così le diceva il papà conscio dei pericoli della vita al campo, restava lontana ma passavano i giorni e lo sguardo di quel toro le era sempre più familiare, vicino, quasi amico.
Finirono le cure, Civilon tornò a pascolare in attesa che don Cobaleda lo destinasse ad una nuova arena.
Carmelina tornava ugualmente a trovare il toro, ormai abituata al suo profilo, ogni volta più vicina che tanto il papà ora si preoccupava di altro.
E così un giorno fece uno di quei gesti che per i bambini sono del tutto naturali, guidati da una logica particolare che risponde alle leggi dell'innocenza e della spontaneità, ma incomprensibili alle categorie degli adulti.
Civilon pascolava a una trentina di metri da lei e la bimba, serena, prese a chiamarlo: Civilon, Civilon, vieni qui, Civilon.
Il toro alzò la testa e le corna si protesero a sfidare il cielo.
Civilon, Civilon.
Gli occhi dell'animale erano fissi sulla bambina, vestita di bianco nel mezzo del verde della ganaderia.
Subito un pastore, nei paraggi, gridò a Carmelina spostati, vieni via da lì, il toro ti attaccherà.
Ma Carmelina aveva occhi solo per Civilon, vieni Civilon, vieni che ti curo anch'io.
E a quel punto e per una volta sola qualcosa si ruppe nel secolare rapporto tra uomo e toro, qualcosa ribaltò tradizione e istinto, confuse e neutralizzò l'annosa sfida della ragione alla forza bruta: forse incredulo di sé, o forse arreso a tanta innocenza, Civilon percorse lentamente quei trenta passi e arrivò da Carmelina, abbassò la testa e si fece accarezzare, mentre quella gli sussurrava come sei bello Civilon, come sei bravo Civilon.
Lì nella campagna di Salamanca, nella tenuta di Cobaleda, la bimba stava lisciando con la mano il collo del toro Civilon, i cui fratelli avevano mandato per aria cavalli e picadores, un toro da combattimento.
Lo accarezzano poi i fratellini di Carmelina, lo avvicinarono il mayoral e i pastori, i propietari degli allevamenti vicini, e tutti coloro che venivano a vederlo, attratti dalla straordinaria notizia che presto si diffuse in tutta la regione.
Lo accarezzò anche Juan Cobaleda, un'ultima volta: Civilon dopo qualche tempo fu venduto all'impresa di Barcellona, annunciato per la corrida del 28 giugno di quel 1936.
Il giorno in cui lo imbarcarono Carmelina pianse e sospirò, chiedendo e gridando che non se lo portassero via.
Civilon partì per Barcellona e tutto tornò come era, prima che una bambina di nome Carmelina lo chiamasse per accarezzarlo.

- la storia di Civilon è ripresa da diversi blog e siti, tra cui Campo Charro e Don Miguel -

(foto Ronda: un Hernandez Plà a Ceret, immagine oggettivamente un pò ritoccata)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Une belle histoite racontée par un vrai aficionado
un saludo
bruno